Non è la prima volta che Maurizio Cerino, un giornalista del Mattino, offende il mio lavoro e quello dei tanti che hanno collaborato alla realizzazione del film “E io ti seguo” , ora diffuso nelle librerie e videoteche in una edizione dvd.
Ho deciso da tempo di non replicare alle offese ma, in questo caso, mi sembra doveroso fornire qui alcune informazioni precise a chi non conosce nel dettaglio la vicenda.
Accusare un film a bassissimo budget, indipendente, autoprodotto e senza finanziamenti pubblici e televisivi, di essere un ’”operazione commerciale” è francamente ridicolo.
Ancor più se quest’accusa proviene da un collaboratore alla sceneggiatura del film “Fortapasc” – che com’è noto anch’esso racconta la vicenda Siani – costato tre milioni e mezzo di euro grazie a un finanziamento pubblico del Ministero per i beni e le attività culturali, alla coproduzione di Rai Cinema e Regione Campania, e diffuso, esso sì, in ambito commerciale. Legittimamente.
D’altra parte basta vedere “E io ti seguo” per comprendere come io e i miei collaboratori abbiamo puntato a raccontare la vicenda senza aggiustamenti, ammiccamenti, concessioni al gusto televisivo e fare dell’indipendenza il marchio di qualità del lavoro dedicato a Giancarlo Siani. Voglio inoltre ricordare i molti ostacoli che ne hanno impedito finora la circolazione, soprattutto a Napoli, tra cui la “censura” del Comitato di redazione del Mattino (2004) e della consulta sindacale dei giornalisti della Campania con i vertici dell’Associazione napoletana della stampa che si espressero senza neppure aver visto il film.
In merito al cortometraggio “In nome di Giancarlo” (da me realizzato nel 1991, grazie al Premio Filmmaker, inserito nell’edizione dvd di “E io ti seguo”), ricordo la proiezione all’Alcyone a Napoli per le scuole, organizzata dalla redazione napoletana di Repubblica, in cui intervennero Amato Lamberti e Paolo Siani. Successivamente qualcuno fece copie non autorizzate del corto da un master che avevo messo a disposizione per la proiezione durante l’iniziativa. All’epoca mi vivevo a Roma ma appena ebbi notizia dell’episodio intervenni recuperando il master.
Per quanto riguarda la famiglia Siani non mi risulta che abbia mai preso le distanze dal mio film e, sinceramente, non riuscirei a vederne motivo. Mi risulta invece un atto di cessione a Gianfranco De Rosa (produttore esecutivo di “Fortapasc”) per l’uso in esclusiva del nome di Giancarlo Siani. E ho perciò pensato che questa collaborazione “esclusiva” labbia portato la famiglia a non entrare in relazione con la produzione del mio film. Non a caso in “E io ti seguo” il nome di Siani non viene mai pronunciato e il film è dedicato al cronista ucciso dalla camorra.
Quanto al contenuto del film mi sono attenuto ai fatti e i fatti sono le indagini svolte dal pubblico ministero Armando D’Alterio e dal capo della squadra mobile della questura di Napoli Bruno Rinaldi che hanno portato alla sentenza definitiva di condanna all’ergastolo di killer e mandanti.
Sul ruolo svolto da alcuni giornalisti (tra cui Cerino) basta leggere l’interrogazione parlamentare del deputato Mara Malavenda al ministro dell’Interno che nella seduta della camera del 29 ottobre 1999 in venti punti riprende in maniera testuale le conclusioni della relazione di polizia giudiziaria sulle indagini del caso Siani (8 dicembre 1993 e 11 agosto 1995) stilata da Bruno Rinaldi (Atti Parlamentari 4-26560).